Prati di Mugnano
Testo tratto dalla “Guida sentimentale di Sasso Marconi” Le donne raccontano: luoghi, storie, paesaggi.
di Alessandra Marchi
Prati di Mugnano”, un nome straordinariamente adatto per questo bellissimo parco che si estende lungo la riva destra del Reno, dalle rive del fiume fino al crinale che sovrasta la valle del Setta. Arrivando da Bologna per la strada provinciale delle Ganzole, si gira a sinistra per Via Vizzano, Percorrendo quest’ultimo tratto di strada, ripido come una mulattiera, ci si trova di fronte all’entrata principale e da qui, il paesaggio che si stende di fronte è un incantevole avvicendarsi di spianate verdi e colline; da un iato il sentiero alberato, dall’altro una bella vista sulla pianura sottostante di Sasso Marconi, piccole radure sparse qua e là, circondate da alberi da frutto e piazzole nascoste tra gli alberi per i pic-nic nella bella stagione.
Sarà che sono un’appassionata dei romanzi di Jane Austen, ma ogni volta che mi trovo di fronte a questo scenario ho la sensazione vivida di trovarmi in uno di quei morbidi paesaggi della campagna inglese in cui prendono vita le vicende delle sue romantiche e moderne eroine. Fino all’ingresso si può arrivare in auto, poi si prosegue a piedi, in bicicletta, o a cavallo, Ai tempi della Austen, forse anche qualche carrozzino avrebbe potuto avventurarsi per un certo tratto, lungo il sentiero principale, ma non di molto certamente perché il paesaggio dei “Prati” è mutevole. Al di là delle distese iniziali, il parco si allunga verso sud in un alternarsi di boschi di frassini, roveri, aceri, pioppi, querce e altofusti, fino ad affacciarsi sulle pareti del Contrafforte Pliocenico, un insieme di rupi rocciose in pietra arenaria, che ancora serbano tracce del golfo marino che nel Pliocene bagnava l’Emilia, La varietà del paesaggio fa del parco una meta molto amata. In primavera ed estate è fervido di vita. Tanti panni colorati stesi sull’erba, libri, giochi, ceste di cibo, e i loro proprietari che si godono il sole. II profumo di grigliata che si diffonde a qualunque ora, la musica, le parole, le risate, le cicale e alcuni silenzi pieni di gioia.
Poi ci sono gli alberi, il bosco e le passeggiate; circa quindici chilometri di vecchie carrarecce e sentieri, in origine ad uso agricolo e forestale, si sviluppano all’interno del parco e sono solcati a piedi e in bicicletta, in solitaria o in gruppo. Alle lunghe passeggiate sono legati i miei primi ricordi di questo parco. Con mio babbo, da adolescente, ho fatto per la prima volta il “giro lungo” del parco, dalla casa del contadino, che sta in cima a una collina all’ingresso del bosco, su fino a Monte Mario, poi di nuovo giù alla villa e su di nuovo fino alla piana. È per passare del tempo con lui, che allora era poco e dunque prezioso, che l’ho fatto anche in inverno, in mezzo alla neve. E quanto era magico allora il bosco. Il sentiero pieno di neve fresca, il silenzio, gli alberi tutti bianchi, e il senso di protezione che mi dava l’avere mio padre che camminava avanti a me, sebbene spesso lo sorpassassi proprio per fargli vedere che potevo stargli davanti.
A mio babbo i Prati di Mugnano sono sempre piaciuti, forse perché in fin dei conti sono un anticipo di Appennino Tosco-Emiliano, dove è nato e vissuto da ragazzo, e forse è vero, che in qualche modo si torna sempre alle proprie radici. Tant’è che ora per me ì °Prati”, come li chiamiamo semplicemente in famiglia, sono la casa dei miei genitori, qui infatti si sono trasferiti da Bologna, ormai diversi anni fa, proprio alle soglie del parco.
Il rudere di una casa colonica dell’Inizio del secolo scorso è stato ristrutturato per diventare la loro casa e nello stesso tempo un bed and breakfast. Tanti ospiti sono passati da casa dei miei: camminatori determinati sulla Via degli Dei, viaggiatori in sosta, persone che cercano un luogo in cui riposare dopo lunghe giornate di lavoro in trasferta, turisti attratti dalle vicine città d’arte… tutti sono rimasti colpiti dalla bellezza del parco,
lo continuo ad amare le passeggiate ai Prati e quando sono sola quasi lo preferisco, perché sono momenti tutti miei, in mezzo ai colori e ai suoni del bosco e dei miei pensieri.
Fotografia di Massimo Galli “Cipressi”