Tratto dal semestrale n.5 “al sâs” del Gruppo di Studi “Progetto 10 Righe”
a cura di Dario Zanini
Storie di pilastrini e targhe devozionali
Un fenomeno antico e diffuso.
Chi volesse fare una ricerca esauriente sulla storia della pietà popolare nel nostro territorio non potrebbe trascurare l’aspetto di tale fenomeno espresso anche attraverso le immagini delle targhe devozionali e i cippi o i pilastrini che le sorreggono.
Il fenomeno, antico e diffuso, manifesta la spontaneità di una fede semplice che suggeriva a tante persone il gesto devoto di collocare immagini religiose sulle case, sui muri, sugli alberi, su manufatti, lungo le vie, negli incroci, dove si svolgeva il quotidiano impegno di vita; immagini costituite da targhe in ceramica, statuette, dipinti, affreschi, mosaici, espressioni e richiami di devozione e di pietà; immagini a cui facilmente ricorrere per invocare aiuto e protezione; immagini per pregare, ma anche per istruire e insegnare, come una “Bibbia dei poveri”: la gente passava, mandava un saluto, faceva un segno di croce. Passi scanditi da un ritmo di preghiera. Sono vari i nomi che indicano quei segni di devozione: edicole, maestà, tabernacoli, verginine (alta valle del Reno), capitelli (Veneto), Madonnelle (Roma), pilastrini (dalle nostre parti).
La nostra montagna bolognese era disseminata di targhe devozionali. Alcune di queste, prima appese ad un albero, hanno dato origine a piccoli santuari come la Madonna del Faggio e la Madonna dell’Acero; anche l’immagine della Madonna di Boccadirio era collocata inizialmente, secondo alcuni scrittori, sopra un pilastrino.
Purtroppo, nel dopoguerra, quasi tutte le targhe devozionali sparse sulla montagna bolognese hanno subito una ingiusta, sacrilega sorte: da oggetto di devozione sono diventate oggetto di furto; trafugate dai posti a cui erano state destinate per fede, sono andate ad alimentare un commercio di dubbia onestà e ad arricchire collezioni private nella veste di opere artigianali. La disponibilità di questo materiale ha consentito l’allestimento di varie mostre, come, per citarne qualcuna, quella di Paolo Guidotti di alcuni anni fa a Porretta Terme e a Imola, quella della Banca Popolare dell’Emilia nel 1995, quella di S. Giorgio in Poggiale nel 2000. Mi domando: quante di quelle ceramiche esposte potevano fregiarsi di un certificato di onesta provenienza?
Una mostra, peraltro molto parziale, di cippi votivi presenti sul nostro territorio è stata fatta anche a Sasso Marconi, ma solo di foto, alla Festa della Famiglia nel 1999.
Sarebbe opportuno ripetere quell’iniziativa e completarla, perché sui pilastrini e sulle ceramiche devozionali di Sasso Marconi si potrebbe scrivere una piccola storia, o almeno suscitare una maggiore attenzione. A tale scopo si potrebbe partire da un censimento e da una catalogazione fotografica, com’è avvenuto nella montagna del Belvedere e nel Bazzanese, impegnando, se necessario, esperti in materia come Maria Cecchetti o Gioia e Fernando Lanzi, e proseguire con un viaggio di ricognizione o di visita guidata, per finire a possibili restauri.
Targhe devozionali a Sasso Marconi.
La parrocchia di Sasso Marconi custodisce con amore il santuario della Madonna del Sasso e tiene accesa una pietà mariana popolare che ha una storia di oltre settecento anni. Per ravvivare questo rapporto di devozione filiale verso la Madonna, alcuni anni fa furono collocate in vari quartieri del paese delle immagini in ceramica che fanno riferimento a noti santuari mariani. L’iniziativa, da me proposta, trovò il consenso e la collaborazione delle famiglie interpellate. Appartengono a quell’iniziativa le seguenti immagini: – S. Maria Ausiliatrice, via Gramsci 5 (1965, promotore Licinio Lucchi).
- S. Maria della Vittoria, via Stazione, sulla canonica (1966, don Dario Zanini).
- Beata Vergine di Boccadirio, via Stazione 30-32 (1967, famiglie delle Case UNRRA).
- Cuore Immacolato di Maria, via Stazione 88-90 (1967, Lipparini e Poli).
- Madonna di Loreto, via Sport 4/4 (1967, famiglia Giovagnoni e locali).
- Immagine della Madonna, all’inizio del ponte Albano (1970, famiglie Righi), in occasione della riapertura del ponte sul Reno. – Madonna di Fatima, via Achillini 7 (1973, fam. Matarozzi-Canarini; incastonata nella parete c’è una pietra da me raccolta sul luogo dell’apparizione) (foto 1).
- Madonna di S. Luca, via Porrettana 439-441 (1979, famiglie delle Case Popolari).
- Immagini della Madonna e del S. Cuore di Gesù, via Castello 34 (famiglia Volta- Brighenti).
Una ceramica con la Madonna del Sasso è stata posta (1987), per iniziativa della parrocchia, sul muro che nasconde i resti del primitivo santuario della Rupe, fra le due lapidi storiche, quella di Enrico Panzacchi (1897) che ricorda il crollo del 1892 e le sue 14 vittime, e quella di Augusto Martelli, ivi collocata nel 1987 in occasione dei solenni festeggiamenti celebrati per ricordare il 2° centenario della traslazione dell’immagine della Madonna dalla Rupe al Borgo.
Boccadirio – Sasso – S. Luca.
Nello stesso luogo, sul muro che protegge la strada dal precipizio sul Reno, era posto un pilastrino (visibile in qualche foto dell’anteguerra) con l’immagine della Madonna di S. Luca, abbattuto da un autocarro nella notte del 21 gennaio 1944. Sarebbe caduto ugualmente quando, nel 1945, i soldati tedeschi in ritirata minarono in quel punto la strada Porrettana. Passata la guerra si tentò di ricostruirlo, ma nel 1958, parroco D. Cavara, fu estinto il libretto al portatore del Credito Romagnolo contenente L. 1.807, più L.236 di interessi, raccolte da devoti per tale scopo, e questo decretò la fine del sogno che qualche difficoltà impedì di realizzare.
Quel pilastrino con la Madonna di S. Luca poteva avere un significato simbolico, quello di indicare nel primitivo santuario della Madonna del Sasso, collocato sul Reno che va verso il Colle della Guardia e di fronte al Setta che scende da Boccadirio, il punto di congiunzione fra le aree dominate dall’influsso dei due maggiori santuari mariani della diocesi bolognese. Questo significato può essere assunto dalla intuizione forse inconsapevole di Dino Degli Esposti, il quale, costruendo negli anni ’60 in zona Ziano (oggi via Ziano di Sotto, zona Tre Galletti) il suo palazzo aderente alla parete di tufo che strapiomba sul greto, collocò su una terrazza che si affaccia sull’immissione del Setta nel Reno un pilastrino con due immagini, una della Madonna di Boccadirio rivolta al Setta, l’altra della Madonna di S. Luca rivolta al Reno.
In parrocchia di Sasso Marconi ci sono altre ceramiche di più remota collocazione.
- All’inizio del Ponte del Diavolo, sul rio Gemese, via Porrettana: pilastrino eretto, si dice, per grazia ricevuta da un camionista che si rovesciò col suo carro senza conseguenze dolorose. La ceramica originale fu infranta, ancora si dice, da ragazzi con lancio di sassi. E’ stata sostituita con un’immagine della Madonna di Boccadirio da Antonio Albori, che cura il pilastrino con grande amore. Ricordo una signora che, negli anni passati, vi accendeva un cero ogni giorno.
- Un pilastrino sormontato da un’immagine mariana, circondato da una piccola aiuola, sorge in via Rupe di fronte al cancello dei numeri civici 11-13. – All’incrocio fra via Castello e via S. Liberata, là dove si dice che ci fosse un oratorio dedicato a S. Liberata, c’era un pilastrino con l’immagine della B. Vergine delle Grazie, il tutto sciupato dal tempo e dalla guerra. Le famiglie Menarini e Costato hanno recentemente restaurato l’edicola e sostituito l’immagine precedente con Maria Ausiliatrice, la Madonna di Don Bosco e dei Salesiani. (foto 2)
- Una graziosa edicola a semicerchio, ‘circondata da un giardinetto, sormontata da una ceramica rotonda raffigurante un’immagine mariana di stile robbiano, come la Madonna di Boccadirio, si può ammirare al n. 58 di via Castello, in località Torricella.
RASSEGNA FOTOGRAFICA DELLE EDICOLE RELIGIOSE DI SASSO MARCONI