Monte Mario domina il punto d’incontro delle valli del Setta e del Reno, entrambe percorse da una importante strada e da una ferrovia: ambedue le valli erano di basilare importanza per garantire la regolarità dell’afflusso verso sud degli approvvigionamenti alle truppe tedesche schierate a difesa sui monti circostanti nell’inverno 1944-45.
Le postazioni di monte Mario, distante alcuni chilometri dal fronte, costituivano le immediate retrovie della prima linea, su posizioni di rincalzo, realizzate per tempo, in grado di dare profondità alla difesa, consentendo, persa una posizione, di occuparne una seconda, secondo la tattica dilatoria tedesca, mirante a perdere terreno, ma non uomini.
La massima pressione durante l’inverno venne sopportato dalle truppe schierate più a sud, su Monterumici, monte Adone, monte Sole: la zona di monte Mario, per la carenza di uomini palesata dai tedeschi, era occupata da pochi reparti improvvisati, in maggioranza giovani reclute prive di grande esperienza o soldati convalescenti rimandati in linea appena erano in grado di reggersi in piedi.
Le case del centro di Sasso Marconi vennero usate per tutta la permanenza del fronte come alloggio in cui le truppe tedesche a rotazione cercavano un po’ di riposo.
La vicina valle delle Ganzole, dietro al rilievo di monte Mario, era invece occupata da truppe dei servizi della Wehrmacht, mentre ancora più verso Bologna, a Colle Ameno, a Mongardino, vi era una nutrita presenza di SS. All’approssimarsi dell’offensiva di primavera i bombardamenti aerei e d’artiglieria si fecero battenti, allo scopo di indebolire le difese tedesche e di demoralizzare gli uomini; le case del territorio di Sasso Marconi, che fino ad allora aveva subito danni in misura non rilevante, vennero distrutte al 76% a pochi giorni dalla sua liberazione.
Il 15 aprile 19451 l’88° Divisione americana si lanciò contro Monterumici, incontrando una resistenza accanita: i tedeschi da posizioni vantaggiose e fortificate inflissero per tre giorni gravi perdite, venendo a loro volta decimati. Il 18 aprile l’attacco decisivo del 361° Reggimento della 91°Divisione americana a Brento costrinse i tedeschi ad abbandonare Monteirumici, monte Adone, monte Alto e monte Mario, per evitare il rischio dell’accerchiamento.
Monte Alto, posto a nord di monte Adone, era stato utilizzato dai tedeschi, che avevano posto il comando alla Canova, durante l’autunno e l’inverno 1944 per realizzarvi postazioni, trincee, rifugi, piazzole, depositi, a supporto
del fronte, la cui linea in questo quadrante corrispondeva al letto del torrente Savena. Le sue pendici videro da un lato avanzare i fanti del 361° Reggimento, dall’altro difendersi gli ultimi stremati soldati della 6° Divisione di
fanteria tedesca, che con azioni di retroguardia tentarono di rallentare l’avanzata alleata, con un ultimo scontro attorno a Tartarossa. II successivo arretramento fù così rapido che i tedeschi non ebbero il tempo di abbattere i
cipressi sulla strada attorno a Pieve del Pino, alberi il cui tronco era stato precedentemente già inciso alla base in attesa del taglio definitivo: ancora oggi sono visibili le cicatrici di quell’abbattimento mai concluso.
Il crollo del fronte alla sinistra del Reno, ad opera della l0a Divisione da montagna e della 85° Divisione di fanteria americana, si ripercosse su tutto lo schieramento tedesco, provocando una rovinosa ritirata verso la pianura. Il 20 aprile gli uomini della 63° Divisione corazzata sudafricana, avanzati fra Reno e Setta, inizialmente trattenuti alla periferia di Sasso Marconi da tiri di cecchini, dalla presenza di due corsi d’acqua da attraversare e
dalle demolizioni delle strade, alla Rupe e all’acquedotto, minate dai genieri tedeschi, liberarono Sasso Marconi raggiunto guadando il fiume all’altezza di ponte Albano.
La ritirata tedesca divenne una rotta e l’avanzata degli alleati una corsa verso e attraverso la pianura padana ed il nord Italia.