Annibale Clò

Testo del mio discorso tenuto in qualità di Sindaco di Sasso Marconi, il 4 novembre 1973 presso la sala del ristorante Menelik di Borgonuovo, per celebrare il primo centenario della nascita del dott. Annibale CIò, alla presenza di numerosi cittadini, personalità, consiglieri comunali, consiglieri di frazione e della signora Nilva, figlia del dottore.


Con questa modesta cerimonia, schiva di ogni contenuto sfarzoso o plateale, vogliamo oggi ricordare la persona, l’uomo, il medico che ha dedicato la sua vita al servizio dei nostri cittadini, ai quali per ben 45 anni non solo ha offerto il suo sapere, l’esperienza, la sua grande capacità; ma anche il conforto, la fiducia, la speranza dell’amico medico delle famiglie.

Nato a Castello di Serravalle il 1° marzo 1873, si laureò in medicina nel 1889, due anni dopo, il 13 novembre 1901, venne nel nostro comune come medico interino nella terza condotta di Mongardino, andando a risiedere al “Pizzolo”.
Iniziò così il suo lavoro, al servizio dei cittadini di quella frazione, quasi tutti poveri contadini, nelle condizioni di miseria economica e morale di quei tempi tristi, quando oltre la metà era analfabeta ed avere il pane per la propria famiglia era l’aspirazione suprema di quelle genti impegnate soprattutto nella ricerca e nella lotta per la sopravvivenza.

Lo stato sociale di quel tempo non prevedeva l’assistenza, né la previdenza e la medicina come scienza e come produttrice di medicinali era quasi assente. Gli unici mezzi di trasporto per le impervie strade di allora erano rappresentati dalla bicicletta o dal cavallo (per chi l’aveva).
In quella situazione il Dottor Clò, giovane medico appena laureato e alle sue prime esperienze, seppe subito guadagnarsi la stima della gente, soprattutto di quella più povera.

Questa situazione difficile non lo disarmò mai, anzi temprò il suo animo pieno di entusiasmo giovanile e professionale. Nel 1903 si sposò felicemente a Savigno con la signora Monti Merilde Elisa e il 6 gennaio del 1905 nacque il figlio Nildo. Nel 1906, forse provato dai disagi, dalle difficoltà e dalle scomodità della residenza in montagna della sua giovane famiglia, o, forse nella speranza di poter meglio contribuire a se stesso ed agli altri, emigrò a Castelfranco Emilia e in quella cittadina il, 14 febbraio 1907 nasceva la figlia Nilva. Questo trasferimento lasciò un vuoto enorme, fra gli abitanti di Mongardino, che non nascosero il loro rammarico e mai si rassegnarono a questo evento.
Amavano e apprezzavano la sua capacità e anche se capivano bene le ragioni e i motivi del suo trasferimento, mai ad esso si rassegnarono.

Vi furono diversi contatti, incalzarono il dott. Clò con le preghiere e le suppliche che infine furono accettate.
Un gruppo di cittadini, che oggi chiameremmo Comitato, sorse per questo scopo. Ne fecero parte le persone più influenti di allora; Enrico Roffi, Francesco Cevenini, Pietro Bertacchi, Oreste Calzolari, Giuseppe Ventura, Pompeo Ospitali, e forse altri, i quali; a nome di tutti i cittadini chiesero, insistettero ed ottennero l’ambita soddisfazione di riportare il dott. Ciò nel nostro Comune.
Questo fatto, bello e significativo, dette soddisfazione ai cittadini e al Dottore. Il trasloco venne fatto con un carro contadino, dai signori Oreste Roffi e Cleto Armaroli, un giorno di pioggia dell’autunno 1913, sette anni dopo la sua partenza. Questi particolari che sottolineo, certamente importanti nella vita del Dottore sono ancora oggi vivi nel ricordo della gente del nostro paese, di coloro ai quali, più di altri aspetti legati allo sviluppo economico sociale e culturale del paese, stava a cuore l’avere come medico, come amico, il Dott. Clò.

Il Dottore si stabilì alla Stella di Pontecchio, in questa grande frazione del nostro Comune che lascerà soltanto alla sua morte.
Egli, in un’ epoca in cui il progresso scientifico e sociale non era ancora sviluppato, doveva essere il medico, il chirurgo, l’ostetrico, lo specialista in tutti i campi della medicina.
Le malattie, anche le più gravi e pericolose, dovevano essere curate a domicilio con le medicine che egli stesso preparava o che prescriveva alla farmacia, indicando di volta in volta la composizione dei medicinali e le quantità.
Allora erano gravi e mortali le malattie che oggi generalmente, con i grandi progressi scientifici avvenuti si guariscono in poco tempo. Erano malattie sociali create dalla scarsa alimentazione, dal duro lavoro sfibrante degli operai e contadini, dalle case vecchie e malsane, dalle possibilità economiche molto misere, cause queste che esponevano le persone a tutti quei pericoli che ne conseguono.
Ed il Dottor Clò era sempre al lavoro in bicicletta, o con il cavallo per i posti più lontani. Non ci vuole molta fantasia per capire in quali difficoltà ambientali e sociali si svolgesse il suo lavoro. La guerra del 1915/18 doveva accentuare queste difficoltà, con l’andata alle armi di tanti capifamiglia che lasciavano a casa mogli e figli senza neppure il sostegno del loro misero guadagno. Erano contadini, braccianti dediti ai lavori nei campi ed altri più umili, operai che lavoravano nella trebbiatura o nella macellazione e lavorazione delle carni a domicilio. Pochi, i più fortunati, lavoravano nell’unica azienda esistente nella zona, la cartiera del Maglio.
Era questa la gente che la guerra maledetta travolgeva e dei quali troppi non avrebbero fatto ritorno alle loro case. E fu principalmente a quell’epoca che emerse la grande umanità e generosità del Dottor Clò.

Si può dire, che in quel periodo, rinunciò quasi completamente ai propri onorari poiché offriva ai malati più poveri i pochi denari che percepiva dai meno poveri. Viveva e lavorava tra la sua gente e dalla classica frase del famigliare del paziente “Dottore, che cosa deve avere?” e rispondeva: “Che cosa vuoi che ti chieda”, andava in tasca e offriva un po’ di soldi avuti da altre visite, dicendo: “Compra un po’ di carne per i tuoi figli.” Episodio questo che si è ripetuto tante volte, anche nella famiglia dei miei genitori.

Purtroppo come spesso accade alle persone buone e generose, per una specie di ingiusta fatalità, questo periodo doveva essere anche quello più doloroso per la vita personale del Dottor Clò. Nel 1919, in un paese sconvolto, appena uscito dalla guerra, in una realtà socialmente molto complessa, fece irruzione la tristemente molto famosa epidemia detta “La Spagnola” che uccise decine e decine di cittadini e nel corso del quale il Dottor Clò diede ancora una volta il meglio di se stesso.
Purtroppo ebbe la sventura di perdere la sua cara moglie di soli 45 anni, e pochi anni dopo la sventura doveva ancora accanirsi su di lui, facendogli mancare il figlio Nildo che aveva solo 18 anni. Una simile sventura avrebbe abbattuto chiunque, ma egli si fece forza e continuò instancabile il suo lavoro fra la gente, portando avanti la sua opera salvatrice ed umana, immettendo rinnovate energie nel suo lavoro, nell’affetto verso la figlia Nilva, che era rimasta la ragione della sua vita.
Si ricorda che ad ogni legittima soddisfazione dei parenti dei congiunti ammalati quando, grazie alla sua opera, a guarigione avvenuta, rimaneva in lui il rammarico di non aver potuto fare altrettanto per suo figlio. La gente capiva la sua tragedia ed aumentò la solidarietà e l’affetto verso di lui.

Nel giugno del 1926, quando Marconi venne a Sasso, in visita ufficiale su invito dell’Amministrazione Comunale, Clò è al 20° posto, nella lista dei 60 invitati al ricevimento ufficiale fatto in onore del grande inventore.
Nel 1938, al compimento del 65° anno di età, quando maturò il diritto ad una insufficiente pensione, il Dottor Clò passò da medico condotto a libero professionista e continuò a lavorare fino alla fine dei suoi giorni, per altri 21 anni.
Durante l’ultima guerra, le vicissitudini lo portarono spesso vicino ai pericoli della morte, negli anni 1943/45, fra i bombardamenti.
Si trasferì a Montechiaro, poi subì come tutti le tragiche giornate dell’invasione tedesca, dello sfollamento in città e fu costretto a ridurre la sua attività fino alla liberazione di Bologna il 25 aprile 1945. La sua casa alla Stella, dove abitava e lavorava pagando l’affitto, fu distrutta dai bombardamenti.
Conscio del suo ruolo, del bisogno della sua opera di medico, all’età di 72 anni riprese il suo lavoro in “Mellara” di Pontecchio, poi successivamente si trasferì alla Longara, oggi Borgonuovo. Il 15 aprile 1957, in occasione del suo onomastico, per iniziativa di un gruppo di cittadini; Francesco Ballotta, Adelmo Cenacchi, Leo Farina, Alberto Perdisa, Giovanni Canova, e per esso il figlio ing. Giulio Franceschini, Giuseppe Zanetti Doriano ed altri, si fecero promotori di una sottoscrizione popolare: il Dottor Clò fu festeggiato per i suoi 50 anni di servizio medico, gli fu assegnata una medaglia d’oro accompagnata da una artistica pergamena, mentre un aereo effettuava un lancio di fiori.
Fu forse quello uno dei momenti più belli della sua vecchiaia.
Muore il 20 marzo 1959, due anni dopo, alla bella età di 86 anni, 52 dei quali spesi al servizio della collettività.
Aveva vissuto in modestia, si può dire che i morì in povertà, in una povertà voluta per amore verso il prossimo. E’ stato un grande medico. E’ stato un grande uomo.

Mario Coralli

tratto dal periodico del Circolo Filatelico “Guglielmo Marconi”, “Sasso e dintorni”

Il Comune di Sasso Marconi, il 16 aprile 1970, gli ha intitolato una via a Borgonuovo dove ha vissuto gli ultimi anni della sua vita.