Il territorio di Sasso Marconi occupa la prima zona collinare dell’Appennino bolognese compresa tra la bassa valle del fiume Reno, la porzione inferiore della valle del Setta a sud-est e parte del bacino idrografico del fiume Lavino a ovest. La località Fontana è costituita da un borgo posto dopo la Rupe in direzione di Marzabotto. Il nome gli deriva dalla sontuosa fontana che si trova nella corte di Palazzo Sanuti e dalla quale si attingeva l’acqua sorgiva. Di notevole interesse, Palazzo Sanuti è l’edificio nel quale dal 1797 al 1811 fu ospitata la prima sede comunale di Praduro e Sasso. Fu fatto costruire da Nicolò Sanuti, aristocratico cavaliere assai presente nella vita politica bolognese del secolo XV°. Senatore, nel 1447 fu nominato primo conte della Porretta da Papa Nicolò V. In seconde nozze si era sposato con Nicolosa Castellani, nobildonna passata alla storia per aver scritto un’orazione contro il cardinale Bessarione che aveva emanato un decreto sull’abbigliamento femminile. Il palazzo -considerato un luogo di villeggiatura per la famiglia- conserva ancora tracce di un fregio affrescato con il ritratto di Nicolò e di sua moglie; su un angolo, inoltre si apre un’edicola a bifora che racchiude una statua della Madonna con Bambino attribuito alla bottega di Jacopo della Quercia. Sulla facciata è riprodotto lo stemma della famiglia Sanuti con le parole “[Nicolaus] Santus Porrecte Comes”. Per complesse vicende ereditarie, nei secoli successivi si succedettero diversi proprietari, fino a che uno di essi, Giambattista Comelli (noto autore di un volume storico sulla Rupe e sul Santuario del Sasso), non lo ristrutturò pur conservandone le antiche strutture. Il Comelli (‘ ) dopo aver parlato di un altro insigne edificio fatto costruire dal Sanuti in Bologna, il palazzo ora Bevilacqua, così si esprime in proposito:
« … In tutt’altro stato di conservazione trovasi il palazzo di villeggiatura Sanuti al Sasso, del quale il cinquecentista fra Leandro Alberti fece questa menzione: ” Passata la Madonna del Sasso si vede il Palazzo, da Nicolò Sanuto patricio bolognese edificato, alla cui corte scendono da una bella fontana chiare acque ” (Historia di Bologna, Libro I, Deca I ) .
Nella divisione fattasi fra i coeredi (del Sanuti ) toccò questo stabile ai Benedettini Cassinesi di S. Procolo che lo tennero fino allo scorso secolo poco però curandone essi stessi la buona conservazione, giacché anche prima di trasmetterne ad altri la proprietà erasene fatta una osteria detta della Fontana. Così lo chiamano anche oggi, e trovasi sulla via provinciale di Marzabotto, passato di poco più di un chilometro il borgo del Sasso.
Può subito ravvisarvi un colto viandante non poche tracce della primitiva costruzione, sufficienti per farsi una idea dell’antico aspetto di quell’edifizio semplice sì, ma signorile e severo. Bisogna però ricordarsi che nei tempi di mezzo ogni palazzo di villeggiatura era un luogo fortificato ed anche verso la fine del quattrocento un po’ di architettura militare non poteva mancarvi ed ecco perché troviamo dalla parte di mezzogiorno tracce di un’ampia cinta merlata che vi rappresenta l’antemurale: nei veri castelli quel chiuso, detto dai francesi basse tour, serviva alle prime difese degli assediati. Qui vi si era chiuso un giardino. La porta, che oggi vedesi rozzamente ampliata dovette essere in forma di sesto acuto come sono le tre grandi finestre della facciata, otturate bensì, ma visibilissime pei loro stipiti di macigno. Quasi intatta può dirsi la bertesca esteriore sovrapposta alla porta, e sta fra queste scolpito in bianca pietra ma leggermente corroso lo stemma gentilizio del Conte sotto il quale si leggono ancora le parole Sanutius Porrecte Comes.
Entrando nel cortile la fontana ricordata dall’Alberti fa prospettiva: e sopra la porta non è difficile ravvisare i vestigi delle demolite mensole che sostenevano il ballatoio per cui accedevasi alla bertesca, e continuavasi il giro interno dei merli.
Altra grande finestra, della stessa forma delle tre predette (ma essa pure accecata, s’intende) vedesi nel muro del cortile a sinistra, e in basso un grande arco a tutto sesto mette in un loggiato interno la cui volta a crociera è sostenuta in giro da eleganti capitellini che vi fanno da peducci. Sono poi anche da osservarsi ai fianchi dell’arco circolare le due finestre arcuate di sesto acuto, con graziosa variazione di stile.
Dal suddetto loggiato passavasi a quelle vaste stanze che nei castelli solevano essere assegnate ai corpi di guardia. Qui hanno servito e servono ancora da osteria: ricordo di avervi veduto due camini di forma antichissima per la cappa conica o quasi conica, ma forse non risparmiati dalle frequenti demolizioni sotto colore di ristauro o di preteso abbellimento.Nel piano superiore l’antico aspetto signorile non è riconoscibile, ma quello piuttosto di corridoi e celle fratesche. Di che non è meraviglia sapendosi che i benedettini neri ne fecero per molti anni un ospizio.
Ma al nostro Conte doveva essere gradito il soggiorno di questa villa, donde eragli più agevole il cavalcare alla sua contea: aveva poi la intorno possessioni, boschi e molini: uno fra questi alla Lamma, poco lungi dall’antico ponte di Pànico. E il paese ben risentivasi della liberalità del ricco signore che mise mano del 1476 a ricostruire la cadente chiesa di S. Andrea delle Lagune di cui spettavagli il giuspatronato e nel 1477, ristaurò la vicina cappella della Vergine del Sasso, incavata a scalpello colla canonica entro quell’orrida rupe, cui doveva dare a dì nostri sì infausta celebrità la immane rovina delli 24 giugno 1892 ».
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Genus Bononiae Musei nella Città è un progetto della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna
Libro “Antichi edifici della montagna bolognese” di Luigi Fantini