Tratto dal semestrale n.5 “al sâs” del Gruppo di Studi “Progetto 10 Righe”
a cura di Gianluca Rossi
Disquisire o addirittura scrivere su Villa “La Quiete” potrebbe sembrare arduo e difficile, non tanto per la complessità architettonica che tale splendido edificio cela tra i suoi muri secolari, ma piuttosto per tutta una trama di sensazioni ed emozioni che risulterà complicato descrivere e che solamente una visita del luogo forse riuscirebbe a definire in tutta la sua apparente semplicità, con la bella villa di campagna che ora andremo in parte a descrivere.
Infatti dopo un’attenta analisi delle emergenze architettoniche dei nostri dintorni, Villa “La Quiete” o il “Palazzo di Mezzana” come meglio identificato in una planimetria del `700, risulta essere uno dei valori più interessanti del grande `tesoro’ artistico e architettonico che il nostro territorio può vantare da tempi molto antichi. Il palazzo apparentemente risulta edificato verso la fine del `600, e non nel `700 come alcuni testi citano, identificando la Villa come edificata per volere della nobile famiglia dei Belloni, più precisamente dall’abate Belloni, ultimo discendente della famiglia medesima. Pare infatti che furono i Belloni, animati dalla grande volontà di ritagliarsi uno spazio al di fuori della cerchia muraria di Bologna, che vollero allestire una porzione di collina ad oasi di pace e di quiete. I lavori di spianamento della collina sembra comincino alla fine del XVII sec., con un’opera ciclopica di movimentazione del terreno che portò alla creazione di un altopiano artificiale, ottenuto con lo spianamento di due colline, intervento che ancora oggi, percorrendo la strada di accesso, è facilmente visibile attraverso le opere di sostegno dei grandi lacerti murari che disegnano, a volte in rilevato e a volte in trincea, la strada alberata dell’accesso principale. La famiglia dei Belloni era solita ricevere con grandi feste la nobiltà bolognese nel loro palazzo di Via dé Gombruti, e proprio tra i loro ospiti si annovera il famoso Giacomo III Stuart che nel suo lungo peregrinare italiano, in attesa di riconquistare il trono d’Inghilterra, soggiornò a lungo presso i Belloni e specialmente a Villa “La Quiete”. Un ospite tanto illustre creò uno scambio continuo di visite con altri personaggi importanti che piacevolmente soggiornarono presso questo incantevole luogo di pace, immerso nella natura più selvaggia delle nostre colline. Successivamente il complesso di Mezzana passò alla contessa Tommassoli, erede dei Belloni, che in seguito lo vendette alla famiglia dei genovesi Cellini, più precisamente a Pietro Cellini, personaggio popolare e di gran gusto, che negli anni vi apportò notevoli migliorie. La successiva proprietaria fu una singolare ed impetuosa cantante, la Signora Gardini nata Gestner che per molti anni diede il nome alla Villa. Nella “Villa Gestner” venne istituita una scuola di canto con pensionato per le giovane allieve che si dedicavano al canto lirico, e si racconta che la Gestner, per le prove di ammissione alla scuola, faceva cantare le giovani dal balconcino del prospetto ovest, mentre lei si poneva davanti all’oratorio che si trovava di fronte, in testa a un lungo viale di cipressi, per ascoltare e giudicare. Di tale oratorio, dedicato alla Beata Vergine della Neve, purtroppo non rimane traccia, se non fotografica, in quanto una bomba durante l’ultimo conflitto mondiale lo distrusse completamente.
In seguito, la Villa venne acquistata dal Professor Vincenzo Neri, celebre luminare di neurologia medica, il quale la ristrutturò completamente, risanando tutti i danni subiti durante la guerra. Fece restaurare tutti i dipinti all’interno della Villa, e fece abbellire con uno splendido “trompe d’oeil” la camera da pranzo, dove solo una visita può veramente fare capire la piacevolezza dei colori e del soffitto dipinto a cielo. Abbandonando un po’ la storia, proviamo ad avvicinarci criticamente all’edificio: sicuramente merita qualche considerazione che mi permetto di esprimere come semplice osservatore. La casa si presenta con un corpo di fabbrica a pianta rettangolare, a due piani fuori terra con un sottotetto, sovrastato da un’enorme altana che, più che un elemento architettonico di coronamento, sembra essere una torre preesistente: tale ipotesi mi viene suggerita sia da un’analisi delle proporzioni dei prospetti, che risultano apparentemente fuori scala, sia da una lettura dei particolari. Si noti ad esempio come il cornicione a gola rovescia (tipico dell’architettura del `500) dell’altana appaia molto elegante e ben definito come proporzioni e aggetto rispetto al cornicione dell’edificio, invece troppo semplice nella sua ortogonalità e poco elegante in rapporto al primo. Inoltre l’edificio ha un impaginato dei prospetti principali, dove si può sospettare che lo stesso abbia subito un ampliamento postumo, con l’aggiunta su entrambi i lati corti di due finestre. Eppure il particolare che più mi lascia perplesso risulta essere lo scalone principale che, per dimensioni e tipologia, risulta decisamente atipico in questi edifici, e che invece lascia supporre alla sua preesistenza, forse come elemento a torre quattrocentesco; si evidenzia a tal fine il camino esistente al piano terra dello scalone che, sia come fattezza sia come dimensioni, pare databile alla fine del `400 (se non risulterà invece come elemento più antico recuperato in area toscana ), dove l’architrave è scolpito ad altorilievo con quattro anelli e sorretto da due mensole con volute che si poggiano su due montanti differentemente lavorati, uno a scanalatura e l’altro a rombi. Proseguo con l’incongruità della stessa cappa, che male ed impropriamente si aggancia nell’estradosso della volta superiore rampante che regge una rampa delle stesse scale. Tutto mi porta ad ipotizzare all’esistenza di questo elemento a torre con sala al piano terra, con camino e normalmente coperta da un solaio ligneo piano. A tale edificio forse la Villa la Quiete si sarebbe addossata inglobandolo su un lato e la stessa Villa potrebbe aver subito successivi ampliamenti, man mano sempre più ingentilenti, fino all’aspetto in parte equilibrato che ci è stato tramandato fino ai giorni nostri. Tutto quanto sopra esposto verrebbe in parte suffragato dall’esistenza, all’interno dello stesso podere, di una casa torre con colombaia cinquecentesca, che viene denominata “La Cantina”, forse per la destinazione che aveva nel `700. Questo edificio, in muratura di sasso mista al laterizio, presenta delle caratteristiche molto evidenti di struttura isolata situata su un altopiano, tipica delle case a torre di quel periodo. Purtroppo quest’ultimo edificio ha subito, specialmente negli ultimi decenni, degli interventi edilizi di trasformazione che potrebbero essere definiti decisamente poco sensibili e corretti, anche agli occhi più inesperti del settore del restauro; ciò è possibile constatarlo da una semplice fotografia degli anni `70 quando la struttura originaria svettava ancora in tutto il suo splendore, avendo mantenute intatte le caratteristiche artistiche e architettoniche nel corso dei secoli, per poi perderle nel giro di pochi anni.
Tornando alla Villa, se proseguiamo la lettura sul lato sud, qualche ulteriore dubbio ci può assalire circa la sovrapposizione della torre al piacevole balconcino con ringhiera in ferro battuto, sovrastato dal cornicione retto e dall’ovale sottostante l’orologio: troppo poco spazio tra le due finestre attigue e la porta finestra del balcone (gli scuri all’apertura devono essere sovrapposti), troppo alta la torre rispetto all’edificio sottostante, le stesse finestre risultano diverse come dimensioni, confrontando quelle d’angolo con quelle centrali; sicuramente l’edificio è stato rimaneggiato, forse per ingentilire, con i balconi aperti successivamente, i lati corti, mentre le finestre d’angolo ovviamente dovevano avere le stesse dimensioni di quelle delle facciate principali in quanto appartengono allo stesso ambiente interno. Molto bella la meridiana che corregge volutamente lo spazio tamponato tra le finestre; una particolare attenzione va indirizzata a tutti gli splendidi elementi in ferro battuto e lavorato in piatto di matrice ottocentesca che si trovano su tutti e quattro i prospetti. Tutti i prospetti sono impaginati con due ordini di finestre sovrapposte, normalmente architravate. Il paramento esterno si presenta intonacato e tinteggiato; a tal proposito sono ancora presenti alcuni elementi dipinti a finta pietra, che fino a qualche decennio fa erano facilmente leggibili e disegnavano tutti i prospetti, con riquadrature a pettine sulle finestre e le porte d’ingresso, nonché il marcapiano, lo zoccolo e i cantonali, come risulta evidente da alcune foto d’epoca dell’inizio del secolo scorso. Le facciate sono aperte sul parco dai due accessi della loggia, che si presentano ad arco sul lato est ed ovest, e da due aperture architravate sui lati nord e sud. Come già accennato in precedenza, gli ingressi sono tutti sormontati da un elegante balconcino con parapetto bombato in ferro battuto. Proseguendo all’interno, si noterà immediatamente la distribuzione classica dell’impianto tardo cinquecentesco, con la loggia passante lungo l’asse estovest, che distribuisce agli ambienti laterali e allo scalone situato nella torre. Decisamente di caratteristica nobiliare, il grande salone delle feste da ballo e dei ricevimenti al piano terra che ora appare nella sua veste tardo settecentesca, con riquadrature sagomate e tinteggiate alle pareti e ai soffitti e i grandi medaglioni che accolgono pitture allegoriche a tinte seppia. I pavimenti sono in seminato alla veneziana, con esempi anche di piastrellature di cotto stuccate a cocciopesto finemente macinato e successivamente dipinti a riquadri, di cui ne restano alcune tracce a tratti con vividi colori. Molto interessante risulta l’arredamento della camera da pranzo, fatto realizzare appositamente dal Professor Neri, con una splendida boiserie e raffinati arredi di gusto neogotico anglicizzante. Salendo, dal grande e spazioso vano scala rivestito in marmo, si accede al piano primo, che rispecchia la distribuzione del piano terra, con la loggia passante che accede alle camere da letto, di cui una in particolare presenta le pareti interamente dipinte a riquadri, con scene di vita campestre e bucolica, opera dei grandi pittori bolognesi Vincenzo Martinelli e Pietro Fancelli. Sempre all’interno della Villa si può ancora vedere una graziosa stanza da bagno, dove la vasca, sagomata in cemento di graniglia, è ricavata nel pavimento e sono ancora presenti le rubinetterie originali inglesi. Tutti i serramenti sono in legno e gli scuretti sono dipinti a riquadri con toni verdini, come la regola settecentesca stabiliva per i dettami e le rifiniture degli interni. Ancora presenti alcuni arredi di pregio, fra i quali alcune cassapanche e armadi dipinti, sistemati nelle due logge, dove sono ben visibili e permettono al visitatore di avere una piccola idea di come si potesse in realtà mostrare l’intera villa arredata nel momento del suo massimo splendore tardo settecentesco. Due curiosità all’interno della villa sono rappresentate dall’orologio con meccanismo a molla ancora funzionante nell’altana, e un delizioso montavivande con carrucola celato all’interno di un armadio in legno. Sempre del complesso della Villa di Mezzana, situati a sud, possiamo vedere gli edifici accessori, tra i quali la casa colonica che accoglieva i coltivatori del fondo, un altro annesso con archi tamponati, la stalla-fienile sia equina che bovina, e un altro singolare edificio, probabilmente costruito all’inizio del `900, che racchiude tutta la corrente architettonica eclettica tipica di quel periodo, con torrette merlate, cornicione a sbalzo con figure grottesche in nicchia, archi moreschi o a lancia: un buon rapporto di confronto lo possiamo trovare poco distante nella Rocchetta Mattei a Riola di Vergato. Proseguendo sull’asse prospettico della Villa est-ovest, esattamente all’opposto della posizione dell’oratorio, possiamo vedere il casino del caffé, con una mirabile vista sulla Valle del Reno. Vagamente possiamo pensare ai signori e alle signore che dopo pranzo in passeggiata si recavano a sorseggiare il caffè al casino della villa, accompagnati dai rumori della campagna e dal fragore dei tessuti delle lunghe gonne delle belle e nobili dame.
Da ultimo, non certo per importanza, troviamo lo splendido castagneto che rappresentava un vero e proprio tesoro economico del complesso. Castagni secolari ancora oggi accolgono i visitatori con la loro possenza e magnificenza, dove però il tempo e l’incuria, dovuta ai grandi oneri economici per il mantenimento di un parco così vasto, stanno lasciando un segno sempre più vistoso. Come già accennato all’inizio di queste poche righe, per molti questa breve descrizione del complesso di Mezzana potrebbe risultare incompleta, come in realtà lo é, ma vuole essere semplicemente un contributo di idee e di riflessioni dedicate a uno dei complessi architettonici e artistici presenti nel nostro splendido territorio. Tante infatti sono le emergenze storiche che possono svelarci molteplici realtà che oggi paiono dimenticate o lontane nel tempo. E’ proprio nella conoscenza delle cose che ci viene offerta l’occasione per evitare tanti errori in interventi edilizi scorretti, che a volte possono distruggere in pochi mesi un bene prezioso, tramandato nel tempo ma perduto sia per ignoranza dei responsabili che operano nel settore, sia da parte delle Amministrazioni locali che, in modo troppo permissivo, accettano progettazioni ardite che però nulla hanno a che vedere con il mondo del restauro. Se per certi versi la parola “Restauro” può sembrare diretta solo agli specialisti, per molti altri significa conservazione e memoria, la nostra memoria che ci viene invidiata dal mondo intero e che noi spesso denigriamo in favore delle comodità e del benessere, pretendendo che sia l’edificio storico ad adattarsi alle nostre esigenze e non, in modo più sensibile e corretto, assumendo noi un atteggiamento di rispetto reverenziale nei confronti di una muratura che tanti messaggi può ancora fornire alla comunità. Mi pare doveroso precisare che, a questo livello di studio, alcune idee suesposte risultano decisamente ipotetiche e non sono ancora suffragate da elementi certi e datati, così da stimolare altri studiosi alla ricerca e alla paziente costruzione dei tasselli mancanti alla verità. Un particolare ringraziamento va alla famiglia Neri, attuale proprietaria del complesso, che con tanto amore e dispendio di energie fisiche ed economiche conserva al meglio questo luogo di delizia, di pace e specialmente di quiete.
Approfondimenti nel sito:
Il castagneto di Mezzana