I lavori di costruzione del Mausoleo iniziarono nell’aprile 1940 con lo scavo del terreno e terminarono il 20 luglio 1941. La direzione dei lavori era stata affidata all’Azienda Autonoma Statale Strade di Bologna (l’attuale ANAS) e fu direttore dei lavori l’ing. Aldo Mattei. Il Resto del Carlino del 7 settembre 1941 così descrive l’opera appena terminata: ” Il Mausoleo si apre sulla destra della strada Porrettana, per chi viene da Bologna; un vasto spiazzo rettangolare, al centro del quale si drizzano due alti piloni portabandiera, conduce ad un breve prato pianeggiante, al centro del quale passano alcuni gradoni con cordoni di granito e selciatura di sassi del Brenta e del Reno. E’ questa come una pedana petrosa che guida sino a sette gradini, dopo i quali apre con la sua mole il monumento vero e proprio.
La parte centrale del mausoleo, larga metri 17,50 ed alta 6 metri, è addossata al colle sovrastato dalla Villa Grifone che viene ad essere, in alto, come un completamento simbolico dell’insieme. La facciata del mausoleo è in pietra di Monte Ovolo, di colore grigio cilestro; al centro si apre la porta della cripta, fiancheggiata da due alte pietre verticali di travertino. Ai lati del monumento due gradinate diritte, larghe sei metri, una per lato salgono il poggio sino a portare ad altre due scale più strette e semicircolari che conducono sino al piazzale della villa: davanti all’edificio e quindi sulla sommità del poggio, sorge una colonnetta di marmo bianco, in cui è un busto di Guglielmo Marconi, pure in marmo bianco, opera pregevolissima dello scultore Dazzi. Alla cripta si accede attraverso un vano che è ornato di una cancellata in ferro battuto costruita dagli artigiani bolognesi. L’interno della tomba è cilindrico, in travertino bianco, con numerose nicchie che s’aprono sulla parete circolare. In mezzo lievemente spostato verso il fondo è il grande sarcofago in marmo color porfido, poggiante su una lastra in marmo carrarese verde. Il soffitto del mausoleo, a calotta, è in calcestruzzo di cemento armato color giallo. Sul fondo della parete di travertino sono incise le parole “Diede con la sua scoperta il sigillo di un’epoca della storia umana”. Al centro del monumento, sopra la porta della cripta c’è una croce di colore rosso e vi è sotto la semplice iscrizione: “Guglielmo Marconi 25 Aprile 1874 – 20 Luglio 1937″. Questa è l’opera nuova che sarà presto inaugurata e che resterà nel tempo a rammentare la gloria di un grande Bolognese; a ricordare come l’Italia onora i suoi figli più degni”
Il cronista di allora ci fa rivivere, pur senza immagini, l’intera opera con una tale intensità e dovizia di dettagli che forse nessuno di noi, abituali frequentatori aveva mai osservato.
Il giorno 6 ottobre ebbero inizio le manifestazioni in onore di Marconi che culminarono il giorno successivo con l’inaugurazione ufficiale del Mausoleo. Nel pomeriggio del 6 ottobre verso le ore 15, in forma privata, sono arrivati alla Certosa la vedova Marchesa Maria Cristina, i figli dello Scienziato Giulio, Degna e Gioia assieme ad altri familiari e a numerose autorità tra cui il podestà di Sasso Marconi, per assistere alla riesumazione della salma. Dopo aver deposto la cassa sigillata in un nuovo cofano di noce su cui è stata fissata una targa con l’iscrizione “S.E. Guglielmo Marconi, Presidente della Reale Accademia d’Italia e Senatore del Regno”, la bara è stata trasportata a spalla nella chiesa di S. Girolamo alla Certosa per una breve cerimonia religiosa. Quindi il feretro è stato posto su una auto funebre che, seguita da un corteo di automobili sulle quali si trovavano i familiari e le autorità intervenute alla riesumazione, ha lasciato la Certosa avviandosi verso Pontecchio Marconi.
Durante il tragitto il feretro è stato oggetto di manifestazioni di stima e di affetto da parte della popolazione schierata ai bordi della strada.
Quando il feretro è arrivato nel piazzale antistante il Mausoleo, ad attenderlo c’era il parroco di Pontecchio Don Ottavio Balestrazzi, accompagnato dal parroco di Sasso, Don Ernesto Cavara e da altri Sacerdoti, che ha impartito la benedizione alla bara. Il feretro è quindi trasportato, lungo la rampa che accede al Mausoleo, davanti alla cripta dove è stato calato nel sarcofago di marmo che sorge al centro della cripta stessa. Al termine della Cerimonia la vedova dello Scienziato e i tre figli presenti salirono a Villa Griffone accompagnati dal presidente della fondazione Marconi, Luigi Federzoni e dalle altre autorità presenti per visitare alcuni importanti cimeli marconiani, che dovevano costituire la base di partenza di quello che sarà il Museo Marconiano.
Per la cerimonia di inaugurazione dell’indomani, le autorità locali di Bologna invitavano a tener chiusi i negozi nella mattinata per permettere a tutti di partecipare alla manifestazione dell’inaugurazione del Mausoleo. Inoltre sulla stampa locale era pubblicata una inserzione intitolata “Bandiere al vento” che invitava la cittadinanza ad esporre le bandiere per le manifestazioni che si sarebbero svolte in occasione delle solenni celebrazioni marconiane.
A sorpresa, la stampa non ne aveva mai accennato, all’inaugurazione era presente anche il capo del governo Benito Mussolini. Sin dalle prime ore del mattino migliaia di persone e numerosissime autorità si diedero appuntamento a Pontecchio riempiendo tutti gli spazi possibili intorno al Mausoleo e a villa Griffone. Erano presenti la vedova di Marconi, Marchesa Maria Cristina con la figlia Elettra di 11 anni, i figli dello Scienziato Giulio, Degna e Gioia, la suocera marchesa Bezzi Scali, e altri familiari. Tra le autorità presenti Luigi Federzoni che aveva sostituito Marconi alla presidenza della Reale Accademia d’Italia e presidente della Fondazione Marconi, l’Ammiraglio Giuseppe Pession, amministratore della Fondazione Marconi, il Podestà di Sasso, numerosi ministri e rappresentanti di molte associazioni scientifiche e culturali. Erano presenti anche Delegazioni di Stati esteri tra cui il ministro delle Poste tedesco Ohnesorge.
Alle ore 10 precise Mussolini arrivò alla stazione ferroviaria di Pontecchio in “littorina”, accolto dalle autorità civili e politiche e successivamente in auto, si recò a Villa Griffone, dove incontrò i familiari di Guglielmo Marconi.
La cerimonia di inaugurazione fu semplice e commovente. Il Cardinale di Bologna Nasalli Rocca benedisse la cripta e successivamente Mussolini seguito dai Familiari e dalle autorità entrò nel Sacrario per rendere omaggio alla memoria di Marconi. Luigi Federzoni offrì poi a Mussolini la prima copia del libro “Scritti di Guglielmo Marconi” edito per l’occasione dall’Accademia d’Italia, che contiene oltre ad una biografia dello Scienziato, quasi tutti i discorsi che Marconi tenne nei più prestigiosi consessi di tutto il mondo.
Subito dopo il corteo salì le scalinate che portano alla villa, per inaugurare il busto di Marconi, scolpito nel bianco marmo di Carrara, opera dello scultore, accademico d’Italia, Arturo Dazzi. Successivamente fu anche scoperta la lapide, posta sotto la finestra della stanza dei bachi, da dove Marconi lanciò i primi segnali di telegrafia senza fili nella primavera del 1895. La lapide reca incise le parole: “Da qui Marconi lanciò il primo segnale radio. Primavera 1895”. Subito dopo Mussolini incontrò anche Antonio Marchi detto “Tugnatt”, ormai alla soglia dei cento anni di vita, il giardiniere dipendente della famiglia Marconi, che era diventato l’aiutante di Marconi nei primi esperimenti condotti dallo Scienziato negli spazi intorno alla villa. Era lui, infatti, che seppelliva le lastre di rame che fungevano da polo di terra delle antenne, era lui che si spostava in base alle indicazioni del giova ne Guglielmo con l’apparato ricevente dei segnali che lo Scienziato inviava dalla stanza dei bachi.
L’inaugurazione del Mausoleo si concluse con un ultimo omaggio alla tomba di Guglielmo Marconi anche da parte di tutta la gente comune che era venuta a testimoniare l’affetto per questo grande Scienziato che amava profondamente il proprio Paese, l’Italia, e la propria gente tanto da non aver mai voluto rinunciare alla cittadinanza italiana e da avere sempre avuto nostalgia della propria terra, come dimostrano queste parole da lui pronunciate: “Nell’avvicinarmi al tramonto della vita, il mio più grande rimpianto è quello di non avere concentrato maggiormente il mio lavoro in Italia, ma ciò è avvenuto per circostanze indipendenti dalla mia volontà. In ogni modo io ho offerto sempre all’Italia quanto di meglio ho potuto fare”.
Giuliano Nanni
Tratto dalla rivista “Sasso e dintorni” del Circolo Filatelico “Guglielmo Marconi”